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martedì 2 marzo 2010

VERITA' e FELICITA'

Se vogliamo conoscere la Verità, o Realtà Divina, questo deve essere il nostro unico desiderio. Per poter muovere i primi passi nell'ignoto dobbiamo capire che la nostra mente interpreta ciò di cui facciamo esperienza. Questa interpretazione non è reale, perchè si basa esclusivamente su passato e presente e su ciò che noi ci aspettiamo di percepire. Quindi in un certo senso noi siamo la causa e l'effetto delle nostre esperienze, la nostra interpretazione rimane qualcosa di individuale e personale. La Verità è ed è sempre stata qui alla nostra portata, ma fino a quando non avremo messo a tacere la nostra mente in favore della guida o voce interiore, sospendendo il giudizio e semplicemente ascoltando ciò che c'è, essa Verità non verrà riconosciuta.
Imparare a guardare agli eventi e alle situazioni in una luce positiva è importante. Dall'accettazione di questi eventi derivano forza e saggezza, e la gioia che accompagna un simile avvenimento porta alla felicità vera.

Sino a non molto tempo fa, identificavo la felicità nella mancanza di problemi; sono stata a lungo nella fase edonistico-epicureista. Per Epicuro vale l'equazione bene=piacere, male=dolore e a chi mi avesse chiesto Come stai? Sei felice? avrei risposto "sto benissimo, non mi manca nulla e, sì, sono felice!" Più avanti, ed oggi più che mai, mi sono resa conto di quanto questa definizione di felicità sia limitativa, e comunque maggiormente connessa ad una certezza ben più fondamentale e cioè che l'uomo più felice è colui che non vuale cambiare il proprio stato. A lui manca la speranza, in quanto non ne avverte il bisogno, egli trascende ciò che accade al di fuori di lui, perde significato l'avere e l'apparire in favore dell'Essere ed anche la morte non rappresenta più una ossessione.

Per quanto mi riguarda, la Felicità corrisponde ad uno stato d'animo di profondo benessere, che nulla riesce ad intaccare, nulla di ciò che ci accade lo può variare, non essendo esso dipendente da alcun aspetto materialistico della vita nè dall'azione degli altri o da ciò che da loro riceviamo o da come ci fanno sentire.

Guardare alle cose con ottimismo e profonda consapevolezza non significa essere stupidamente ingenui o illusi, ma significa avere la saggezza e l'intuizione di muovere le cose in direzione positiva, considerandone l'aspetto migliore, pur rimanendo concentrati sulla realtà.

La solitudine molto spesso, e per raggiungere dei buoni risultati, è la miglior compagna. Non fa mai domande inopportune e spesso dà delle risposte. Il rimanere soli con sè stessi acuisce la percezione del proprio Sè interiore, esalta le qualità personali e facilita la comprensione e la soluzione delle negatività della nostra esistenza. In definitiva, essa è per lo spirito ciò che la dieta è per il corpo, anche se personalmente da questo punto di vista sono un pò latitante!

Pur rendendomi conto che il mettere in pratica questo modo di vivere comporti non pochi problemi logistici, relazionali o di adattamento, una volta sviluppata l'attitudine a rimanere introversi in molte circostanze, allora risulta facilissimo continuare a lavorare o a far finta di ascoltare le inutilità degli altri e nel contempo rimanere connessi con la nostra parte interiore.

DICE IL SAGGIO: La felicità comune, terrena, che tutti cercano non dura più di un attimo. La Felicità profonda, dell'anima, è immansa ed inalienanbile. Ma sono in pochi a cercarla.

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