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lunedì 18 ottobre 2010

Il Pregiudizio

Sotto l'aspetto psicologico, il pregiudizio non è un semplice preconcetto individuale, come se fosse una semplificazione della conoscenza. Il pregiudizio è soprattutto un fatto sociale e culturale, perché fa parte della mentalità di un determinato gruppo di persone, le quali pensano per categorie fondate su stereotipi. Il volere classificare elementi comporta il rischio di dare ad essi valori attinti da una cultura atavica, o formulata da elementi occasionali, oppure dalla non accettazione di certe realtà. Allora sorge il pregiudizio. Ciò significa che non si sa accettare il modo d’essere o esistere degli altri perché non coincide con il nostro modo di vedere e di organizzare la vita, propria e quella della nostra società. Il pregiudizio non è un semplice preconcetto, per cui un’esperienza è attinta dalla visione del mondo e dai propri miti estrapolati dal proprio vissuto. Esso prende la forma di ostilità, sia verso le singole persone, sia verso i gruppi, quando non ci si trovi in comunanza di idee, tradizioni e credenze con l’altro o con gli altri. In questa situazione si ritiene di detenere l’unico sistema dei valori con la pretesa che gli altri accettino, senza adattamenti. Ciò significa svilire l’altro, considerarlo come se non esistesse. Così il pregiudizio determina forme di intolleranza, di ostilità, annullando l’identità socioculturale dell'altro. Ognuno acquista il proprio bagaglio culturale dalle esperienze della vita, dagli studi, dalla propria professione e si forma una mentalità personale. Se a questa si associa rigidità, vi sarà terreno fertile al preconcetto, al pregiudizio e ai comportamenti dogmatici nel modo di condurre la vita. Se avviene ciò, la capacità di collaborazione tra persone, gruppi ed anche intere Nazioni diminuisce e possono sorgere nuovi pregiudizi, non meno seri di quelli antichi. Quando non ci rendiamo conto del fondamento dei nostri concetti, che reggono i nostri ragionamenti, assumiamo un atteggiamento dogmatico, pensando che il nostro modo di vedere sia l’unico e il migliore. Ciò accade perché ognuno di noi tende ad autoconfermare le proprie idee e non considera di dover interpretare differentemente i fatti. I motivi di base sono sempre l’esperienza e la cultura, cioè l’esperienza della persona che l’adatta alla cultura cui appartiene. La persona, se non è plastica e tollerante, si esprime e giudica secondo clichés acquisiti. Infine, pur affermando certi principi assoluti, dobbiamo considerare che il nostro modo di pensare potrebbe portarci a volere sopraffare a tutti i costi gli altri e che potremmo non avere la capacità di capire che gli altri siano su posizioni differenti ma non per questo meno valide. Sarebbe opportuno non fondarsi su stereotipi culturali, senza darsi la possibilità di esplorare nuovi ambiti, nei quali può e deve spaziare la possibilità di cogliere la diversità degli altri per poterli accettare così come sono, come pensano e come si pongono. Molto spesso miriamo a volere rivestire gli altri del nostro modo di vedere e di fare, in alternativa ci separiamo da loro e li isoliamo. Ciò non favorisce la pace, la solidarietà, la concordia. Sotto l'aspetto etico, ogni persona è degna di rispetto per il suo modo di agire e concepire le cose. Questo rispetto può venire meno solo se la persona dimostra di pensare di operare contrariamente ai principi generali che toccano tutta l’umanità o contro la nostra stessa sicurezza. Perciò il colore, il modo di essere, la cultura, il modo di porsi, se è associato al rispetto di come si pongono gli altri, non dovrebbe creare difficoltà comunicative. Sempre vi potranno essere contrasti quando si vuole, a tutti i costi, imporre il proprio modo di vedere e di operare, ledere le altrui identità e libertà di pensiero e di azione. Sono due i poli entro i quali si svolge la questione: l’autoritarismo e la liberalità. Essere autoritari significa imporre agli altri il proprio pensiero e interpretare la vita secondo schemi prefissi, al di fuori dei quali non esiste alternativa. Ciò è francamente opprimente. Essere liberali non significa essere libertari, laddove questo concetto coincida con “fare tutto ciò che si vuole, senza rispetto alcuno per gli altri”; essere liberali significa non essere mossi da pregiudizi e preconcetti, che fissano le idee, impedendo alla tolleranza di cogliere la libertà degli altri e accettarla. Il rispetto è fondato sull’accettazione dell’altro, con il quale si è pronti a iniziare una qualsiasi vera comunicazione, basata sulla collaborazione, sulla solidarietà e sulla concordia.

DICE IL SAGGIO: Non è mai troppo tardi per rinunciare ai nostri pregiudizi.

domenica 15 agosto 2010

IL VERO APPRENDIMENTO.

Vi siete mai chiesti quale sia il senso dell'educazione? Perchè andiamo a scuola, impariamo varie materie, facciamo esami e gareggiamo tra di noi per avere i voti migliori? Qual è la vera funzione dell'educazione? E' semplicemente allo scopo di superare qualche esame e trovare lavoro, ovvero la funzione dell'educazione è di prepararci, quando siamo ancora giovani, a comprendere il processo della vita nella sua interezza? Di certo la vita non è fatta soltanto di lavoro, di un'occupazione; la vita è qualcosa di straordinariamente ampio e profondo, è un grande mistero, il più grande, che avvolge tutti noi esseri umani.
Io credo che l'educazione non abbia altro senso se non quello di aiutarci a comprendere la vastità della vita, in tutte le sue sfumature, la sua bellezza, i suoi dolori e le sue gioie. Lauree e titoli accademici a nulla varranno se strada facendo la nostra mente si offusca e si instupidisce.
La vera funzione dell'educazione è di coltivare l'intelligenza non solo nel fare, ma soprattutto nel sapere, cercando di trovare la risposta a tutti i problemi che troveremo sul nostro cammino; e, fatalmente, ne troveremo tanti di più a seconda dello sviluppo della nostra intelligenza...
E' molto importante per i giovani vivere in un ambiente dove non alberghi la paura perchè dove è presente la paura non vi può essere intelligenza.
Quando parlo di paura, mi riferisco al timore di ribellarsi contro tutto, contro la religione organizzata e i dogmi, contro la tradizione, tomba dell'innovazione, contro il marcio della attuale società, scoprendo autonomamente, in quanto singoli esseri umani, la verità.
Non imitazione, ma scoperta autentica. E questo è possibile soltanto quando si è liberi, quando sia cioè in atto una continua rivoluzione interiore.
Solo indagando, osservando, imparando costantemente, potremo trovare la verità, Dio o l'Amore che sia; ma non possiamo fare tutto questo, nè avere alcuna consapevolezza, se abbiamo paura.
La funzione dell'educazione non può essere altro che quella di eradicare, tanto internamente quanto esteriormente, questa paura che distrugge il pensiero, i rapporti e l'amore.


DICE IL SAGGIO: Non è la letteratura nè il vasto sapere che fa l'uomo, ma la sua educazione alla vita reale. Che importanza avrebbe che noi fossimo anche di saggezza se poi non sapessimo vivere in fraternità con il prossimo? (Gandhi).

lunedì 9 agosto 2010

Non preferire apparire anzichè essere

Di solito quando si parla di "apparenti" si finisce per parlare di gente che ama il lusso, che è vanitosa, che fa di tutto per essere sotto ai riflettori. Sono persone che hanno un'autostima da risultato (esisto se qualcuno mi dice bravo) oppure sono vittime di pesanti condizionamenti sociali o familiari.
A ben pensarci, gli stessi condizionamenti sono quelli che ci fanno vergognare di una nostra situazione che di per sé non dovrebbe essere per nulla imbarazzante. Il povero che si sente a disagio per la sua povertà o per il suo umile lavoro, la persona di scarsa cultura che si sente in imbarazzo di fronte a chi ha studiato, chi invitato ad un matrimonio non si sente a posto perché tutti vestono meglio di lui. Dovrebbe essere chiaro che "essere influenzati da quello che pensa la gente" quando non abbiamo colpe morali è una forma di apparenza, perché, probabilmente, se fossimo dall'altra parte, saremmo apparenti. Fin qui molti saranno d'accordo. Ma facciamo un ulteriore passo per vedere in quanti avranno il coraggio di seguirmi.
Sarà perché a me di quello che pensa la gente non è mai importato un fico secco, o per essere più precisa no ha minimamente influenzato il mio modo di essere e di comportarmi, ma penso di avere l'esclusiva su una situazione che non ho mai sentito commentare da nessuno in modo simile al mio.
Il fatto è questo. Tempo fa, in televisione in un servizio si lodava come un'eroina una ragazza che, per anni stuprata dal patrigno, aveva trovato il coraggio di denunciarlo; il titolo, i commenti (la coraggiosa ragazza ecc.), tutto era bianco. E allora una domanda sorge spontanea: perché in questo e in mille altri casi simili la vittima del reato non mostra il viso, ma si fa riprendere di spalle? L'unica risposta è la vergogna. Ma la vergogna di che??? Visto che non ha colpa e che non lo fa per paura di ritorsioni (l'attore o gli attori del reato sanno benissimo chi è), perché non mostrarsi a viso aperto, puntare il dito sul carnefice e dire un fragoroso "lui, proprio lui, deve pagare!"??. Non ce la farò mai a comprendere perché una donna che venga stuprata dovrebbe provare vergogna, visto che non ne ha nessuna colpa.
Purtroppo la nostra società (e quindi, sul malgrado, anche la donna) è ancora pesantemente condizionata da una visione arcaica della sessualità proveniente dalla religione (un danno collaterale…?), secondo la quale la donna è colpevole anche quando non ha fatto nulla di male (un po' come il bambino che, picchiato senza motivo dal genitore ubriaco, si sente in colpa perché pensa di essere stato cattivo). Pensiamo che in alcune correnti islamiche, se vittima di un crimine, la donna può essere comunque punita perché ha arrecato vergogna alla propria famiglia; infatti, se viene stuprata, può al limite anche essere uccisa dal padre per aver permesso di essere violentata da un uomo che non sia suo marito.
I cristiani non stanno meglio: nella Bibbia la donna è impura quando ha un rapporto, quando ha le mestruazioni, quando partorisce ecc.
Essere e Apparire sono i corrispondenti di reale e desiderato, ciò che siamo e ciò che vorremmo essere o ciò che vogliamo che gli altri pensino che noi siamo.
Quasi tutti seguono, nel loro vivere, un mix di essere ed apparire, ognuno con le sue percentuali e modalità dell’uno e dell’altro elemento. E’ molto difficile tornare indietro in quanto, abituati a proporci per ciò che ci sembra più opportuno o necessario, non ci siamo più dedicati a capire la nostra realtà, cioè come siamo realmente e tanto meno ci siamo adoperati per migliorarci sul serio, tutti presi dal migliorare quell’immagine che dovevamo "vendere" di noi.
Riprendere l’abitudine alla sostanza, ritrovare l’abitudine mentale di relazionarci con la realtà, con le persone reali e non con la loro immagine, è un percorso che può essere faticoso e non breve. A volte poi, l’impegno nei confronti dell’apparire è così grande che finiamo per credere anche noi di essere come vorremmo apparire, restiamo così noi stessi vittime della mistificazione.
A questo punto riprendere il contatto con la realtà può diventare anche doloroso e ammettere che siamo tutt’altro da quello che avremmo desiderato può costare caro in termini psicologici, ma è un passaggio inevitabile se si vuole intraprendere la strada del risanamento.
Vorrei concludere e arricchire il concetto in oggetto sostenendo che non sia il caso di NON VOLER APPARIRE e non voler mettersi in gioco anzichè ACCETTARE di ESSERE in tutto e per tutto parte attiva della propria vita, artefici del proprio destino, accettandone le prerogative positive che rilasciano eventi fausti, così come gli accadimenti non proprio edificanti e difficili da gestire.

DICE IL SAGGIO: Non fingere di essere saggio, ma sii saggio davvero: non abbiamo bisogno di apparire sani, ma di esserlo veramente. (Epicuro).

lunedì 5 luglio 2010

Il Pensiero e la Paura

Conduciamo un certo tipo di vita, pensiamo secondo un certo modello, seguiamo una certa fede e qualche dogma e non vogliamo che i nostri modelli di vita vengano scossi perchè siamo profondamente radicati in essi. Questo ci metterebbe in una situazione di ignoranza, e non lo accettiamo tanto facilmente. Se veniamo staccati da quello che conosciamo e in cui crediamo, vogliamo essere ragionevolmente sicuri dello stato di cose a cui andiamo incontro. Il passagio dalla certezza all'incertezza è ciò che noi chiamiamo paura.

In questo momento, poichè mi trovo seduta qui davanti al PC non ho paura; nel presente non ho paura, non mi sta succedendo niente, nessuna minaccia. Ma oltre il momento attuale vi è uno strato più profondo nella mente che consciamente o inconsciamente pensa a quello che potrebbe succedere nel prosimo futuro o si preoccupa che qualcosa di negativo del passato possa tornare.

In questo modo, temo sia il passato che il futuro. Mi dico: "per ora hai qualcosa, ma attenta che potresti perderla! potresti morire domani o ammalarti, il mio uomo potrebbe abbandonarmi, potrei rimanere senza lavoro, o sola! Ho bisogno di essere ragionevolmente sicura del domani".

Prendiamo ad esempio il pensiero della morte. Possiamo osservare la morte senza che la sola parola non ci faccia provare un profondo terrore?? Diciamo che qualche anno fa siete stati ammalati in maniera abbastanza seria e che il ricordo di quel periodo, rimasto impresso nella memoria, vi imponga di stare molto attenti alla vostra salute: così la memoria con le sue associazioni crea la paura, paura nient'affatto giustificata, visto che adesso state bene. Ma l'esperienza, che è rimasta nella mente sotto forma di ricordo, stimola il pensiero negativo e la paura ne è quindi il risultato.

La mia domanda a questo punto è questa: è possibile per la mente vivere, completamente, totalmente nel presente poichè solo così non proverebbe paura? Poichè il pensiero è la reazione alla memoria, che si è venuta accumulando con l'esperienza, la conoscenza, il tempo da questo bagaglio esperienziale noi agiamo e reagiamo e questa reazione è il pensiero. Ma se il pensiero è essenziale a certi livelli, quando invece lo proiettiamo come futuro o passato, inevitabilmente creando la paura - così come anche il piacere - , la mente si chiude su sè stessa e la mancanza di azione e quindi inevitabile.

Ma ecco una bella novità: più agiremo e più apprezzeremo la paura e la riconosceremo come utile alleata. C’è infatti un modo diverso di affrontare le paure, persone diverse affrontano ogni cosa in maniera diversa e per quanto riguarda l’approccio alla paura possiamo dividere gli individui in due categorie: quelli che si bloccano davanti alle situazioni, che non hanno iniziativa nel percorso che conduce alla realizzazione dei loro sogni; quelli che, nonostante la paura, agiscono lo stesso perchè hanno saputo sviluppare un rapporto sano con la paura; in queste persone essa gioca un ruolo positivo e le porta ad uno stato di massima attenzione nel quale sono in grado di esprimere il meglio di loro stesse.

La paura è un sentimento da esperire e se si riesce ad osservare la paura come un “osservatore-esterno” si riuscirà a sfruttarla come strumento di conoscenza dei propri limiti.


DICE IL SAGGIO: Il coraggio non è la mancanza di paura, ma la padronanza di essa (Anonimo).

giovedì 13 maggio 2010

ANCORA PAURA D'AMARE?

Per ogni amore che nasce c’è una paura che cresce: più ci sentiamo coinvolti dal nuovo partner e più aumenta in noi la paura che questa storia non potrà che portarci verso una grande sofferenza.
Capita di frequente che all’inizio di un rapporto ci sia uno dei due partner che si tormenta con insidiosissime profezie negative sulla conclusione di quella storia, vive ogni giorno con la paura di sbagliare, la paura di viversi a pieno la gioia del nuovo rapporto. L’effetto è solamente un’insicurezza paralizzante e una facilità maggiore che la storia si concluda tragicamente, a causa di quelle convinzioni catastrofiche che ci conducono inconsciamente a mettere in gioco la versione peggiore di noi stessi.
Nessuno di noi potrà mai avere la certezza che un amore durerà per sempre, ne’ all’inizio di una storia, ne’ dopo molti anni. Questo però non significa che non valga sempre e comunque la pena di vivere tutte le emozioni che il rapporto ci regala, indipendentemente da quando questi bei momenti si concluderanno. Chi ci dice, in fondo, che non saremo magari proprio noi a desiderare, un giorno, la fine di quel rapporto? Come facciamo ad essere certi che quando arriverà quel momento saremo noi a soffrire di più? Può accadere, come può accadere anche il contrario.
Ciascuno sceglie il proprio partner, oltre che per una serie di ovvi motivi, anche per il suo potenziale terapeutico.
Siamo naturalmente attratti da persone che con il loro carattere, la loro storia, il loro comportamento possono essere positivi per noi. Ad esempio partner con esperienze di vita o carattere simile al nostro possono comprenderci meglio, farci sentire meno soli, se quello che stiamo cercando è un appoggio e uno spazio di condivisione emotiva; oppure persone opposte, che ci stimolano a crescere, a cambiare, a rischiare, a sciogliere le nostre paure o le nostre malinconie.
In ogni rapporto sano un partner dovrebbe, tra le altre cose, aiutarci ad esprimere una parte di noi, così come noi aiutiamo lui su altri fronti. Questa è il motivo per cui tante coppie funzionano e tante altre no, al di la dell’attrazione fisica, dell’affetto o di tante altre caratteristiche ritenute importanti. Questa possibilità di scambio, questo dare e ricevere è presente in ogni relazione, anche nei rapporti brevi e anche solo in parti minime.
Questo non significa che la storia durerà per sempre, ma che sempre varrà la pena di essere vissuta, perché certamente apporterà qualcosa che ci “serve” e potrà insegnarci molte cose su noi stessi e sul nostro mondo interiore.
Quello che siamo, in fondo, è anche quello che abbiamo vissuto.
Purché non siano sempre avventure senza speranza o “suicidi annunciati”, bisogna cercare di non vivere nell’incubo di iniziare una relazione o di lasciarsi coinvolgere da sentimenti forti, perché dietro di essi c’è sicuramente qualcosa di cui in quel momento abbiamo bisogno.
Ecco quello che penso dell’amore, ... io sono una di voi a cui l’amore è spesso andato via senza una ragione precisa ma senza grandi sofferenze e che anche adesso, trovandosi ad un importante bivio, lo teme.
Auspico in ogni caso che in tutto quello che ho scritto qualcuno di voi possa rispecchiarsi o che sia riuscita a farvi davvero capire chi avevate o chi vorrete al vostro fianco.

DICE IL SAGGIO: Bisogna somigliarsi un po' per comprendersi, ma bisogna essere un po' differenti per amarsi.

giovedì 11 marzo 2010

ETERNO MUTAMENTO

Cosa significa "Cambiamento"? La massima espressione del termine è rappresentata dall'influenza di ciò che ci accade ogni giorno.
Noi e le nostre stesse cellule siamo in perpetuo, costante divenire, oltrechè da un punto di vista meramente fisiologico anche in senso metafisico.
Nonostante non ne siamo coscienti, ogni giorno la nostra esistenza, che vorrei paragonare ad un puzzle, subisce le interferenze esogene da parte degli altri, delle delusioni, delle gioie, dei fallimenti o delle disgrazie.
Andiamo a letto la sera e la mattina ci risvegliamo con una nuova "luce" per i più saggi o fortunati, ma di sicuro con altra consapevolezza, rispetto al giorno prima. Non per niente si dice che la notte porti consiglio...
Le certezze che avevamo, le cose che eravamo certi di voler (o dover) fare, all'improvviso - almeno in apparenza - sembrano aver subìto un mutamento di direzione: come dice Gandhi, le opinioni che ci siamo formati e le conclusioni a cui siamo giunti non sono definitive. Potremmo modificarle in qualsiasi momento, se ne vedessimo la ragione.
Ii dispiaceri per gli insuccessi e i fallimenti lasciano il segno, ci temprano, ma un fallimento non è sempre uno sbaglio; potrebbe semplicemente essere il meglio che uno possa fare in certe circostanze. Il vero sbaglio è smettere di provare.
Qui non si tratta di relativismo, che è cosa ben più seria, ma semplicemente di accettare l'ineluttabile mutamento di tutte le cose, anche e soprattutto al di fuori del nostro controllo, mutamento di cui noi siamo l'espressione prima più naturale.
Un atteggiamento costantemente possibilistico e sperimentale nei confronti di ogni cosa – ecco ciò di cui abbiamo bisogno.
Da quest'atteggiamento derivano, in modo quasi miracoloso e automatico, i cambiamenti di cui abbiamo bisogno e spesso anche la soluzione di ogni tipo di problema.

DICE IL SAGGIO: In coscienza, non so dire se la situazione sarà migliore quando cambierà; posso dire però che deve cambiare se si vuole che diventi migliore.

mercoledì 10 marzo 2010

LA FORZA DELL'UNIVERSO

Avete presente la saga di "Guerre Stellari"? L’esplodere, negli ultimi decenni, di forme sempre più strampalate di religiosità New Age ha portato molte persone in tutto il mondo ad abbracciare la filosofia Jedi di Star Wars come se fosse una sorta di nuova fede.
In Italia dal 2005 è attiva nientemeno che una Diocesi Italiana del Culto della Forza che punta a fondere gli insegnamenti di “Star Wars” con quelli di Padre Pio: nel 2005 è stata addirittura inaugurata una statua di Yoda accanto a quella di Padre Pio a Bologna.
Il tutto si fonda su una serie di similitudini tra l’idea della Forza e le teorie più audaci e significative della moderna fisica quantistica che, secondo alcuni autori, riprenderebbero le principali concezioni delle religioni orientali, in primis Taoismo e Buddismo.
La Forza è stata descritta nei film come un “campo di energia” che permea l’universo, presente in tutti suoi elementi, dagli esseri viventi, agli alberi, alle pietre. Nell’universo di Star Wars la Forza non si limita, tuttavia, a fungere da legame per tutte le diverse parti che compongono l’universo; essa dà anche allo Jedi la possibilità di interagire con essa al punto da modificare la realtà attraverso fenomeni tipicamente noti nell’ambito delle pseudo-scienze come “percezione extrasensoriali” o ESP, in primis telecinesi e telepatia.
La meccanica quantistica sostiene il principio secondo cui l’osservatore, lungi dal porsi in maniera distaccata da ciò che osserva, contribuisce in maniera fondamentale alla costruzione della realtà che osserva: più che osservatore si parla quindi di partecipatore, o compartecipe della Realtà. Riassumendo in sè le straordinarie scoperte sperimentali in proposito, la meccanica quantistica porta a sostenere che non esisterebbe nemmeno una realtà già predeterminata, ma la realtà deriverebbe dalla presenza dell’osservatore-partecipatore che contribuisce a crearla. Questa sorprendente teoria, poi confermata decenni dopo da diversi esperimenti, rende chiaro l’assunto secondo cui la realtà sarebbe “costruita” dall’osservatore. Ma che cosa si trasmette attraverso la non-località, cioè l’effetto Entanglement? Le teorie sono diverse e sono state tutte osteggiate da buona parte della comunità scientifica a causa del loro utilizzo promozionale in favore della pratica della “meditazione trascendentale”; il loro assunto di base comunque dichiara che il substrato della realtà, quel campo che sarebbe descrivibile attraverso la Teoria del Tutto e che riunisce in sé le forze fondamentali dell’universo, godrebbe della proprietà della consapevolezza. Essa non sarebbe il prodotto del nostro sistema nervoso e cervello, ma sarebbe una proprietà fisica fondamentale ed universale appartenente dunque ad ogni particella vivente.
È un’ipotesi suggestiva che consente di spiegare il rapporto misterioso tra l’osservatore cosciente e l’universo, rapporto che rappresenta un continuo paradosso nelle teorie della meccanica quantistica. In altre parole, il livello più profondo dell’esperienza umana, la pura coscienza, costituisce l’esperienza diretta soggettiva del campo unificato che attualmente viene esplorato dalla fisica teorica moderna».
I sostenitori della meditazione trascendentale ritengono che intorno al soggetto che medita si venga a creare una sorta di campo, definito “campo Maharishi”, capace di produrre effetti positivi sul prossimo. Nella sopracitata saga, il regista Lucas cita chiaramente l’insegnamento del taoismo di affidarsi alla Forza/Tao che scorre dentro di sé. Uno dei più grandi maestri del Taoismo, Huai Nan-tzu disse: "Colui che segue l’ordine naturale fluisce nella corrente del Tao".
La somiglianza con l’insegnamento Jedi "senti la Forza scorrere in te" è più che evidente. Sulla scorta delle tante tesi che sono state formulate, seguire l’ordine naturale delle cose vorrebbe dire far sì che la nostra mente si fonda con l’Universo di cui è parte, lasciando che la Realtà fluisca e noi con essa.
Gli insegnamenti del Taoismo e della meccanica quantistica sono davvero molto vicini; non sarebbe forse opportuno invece affidarci alla “meditazione trascendentale"? Io credo che non si debba mai scindere la realtà dalla fantasia; questo non vuol dire che alcune delle tesi anche molto bizzarre sopra esposte siano tutta fantasia, anzi, io ne sono una fervida sostenitrice.
Ma le religioni sono dogmatiche e non accettano più di un solo punto di vista, ed è per tale ragione che ho scelto di sorridere alla filosofia del Tao.
Così come è vero che la filosofia Jedi non potrebbe perciò mai essere una religione, tutt’al più un insegnamento basato sulla solidarietà universale in virtù di quella massima di Gesù Cristo, troppo spesso ignorata dallo stesso Cristianesimo, “ama il prossimo tuo come te stesso”....


DICE IL SAGGIO: ...Perchè una realtà non ci fu data e non c'è; ma dobbiamo farcela noi, se vogliamo essere; e non sarà mai una per sempre, ma di continuo e infinitamente mutabile...

lunedì 8 marzo 2010

ANCORA SULL'INFORMAZIONE

La ricerca di informazioni libere richiede sempre più sforzo, tempo e capacità, viene sempre più frenata, mentre le informazioni impacchettate dalla TV non richiedono sforzo, vengono anzi piacevolmente diffuse. Va precisato, che la persuasione più efficiente è quella indiretta, dove lo spettatore non sente di ricevere imposizioni né restrizioni alla libertà.
Tutti sappiamo, immagino, che ciò che viene vietato oppure imposto immediatamente suscita ribellione e comportamenti difformi da quelli voluti. Se ad esempio abbiamo il controllo tutte le televisioni e vogliamo ottenere più consenso possibile verso il nostro o altro determinato modello di pensiero, la strategia migliore non è quella di bombardare sempre e comunque quel modello senza opposizioni né alternative. Se lo spettatore nota la mancanza delle altre voci diventa sospettoso e fa resistenza verso qualcosa che può sentire imposta e limitante la sua libertà, e viene danneggiato il consenso. Spesso può addirittura essere utile lasciare totale libertà a quelle pochissime voci diametralmente contrarie al modello che vogliamo inculcare… Lo avete notato?
In definitiva, in un sistema totalitario, a differenza di quanto si potrebbe pensare, il potere non viene mantenuto esclusivamente con la violenza, ma è frutto di una reciproca contrattazione tra il leader e le masse dominate alle quali elargire, quasi fossero noccioline per i macachi, informazioni fittizie e allettanti proposte per un facile divertimento. La massa e la folla non agiscono in favore di ciò che è faticoso, sgradevole e “non bene accettato da tutti”, non si oppone al senso comune. Il consenso della massa quindi sarà sempre verso i media.
Ora mi chiedo: come facciamo a crearci un futuro? Rimanendo su cose semplici: non possiamo comprare neanche una macchina, perché se non veniamo messi in regola non c'è finanziamento. E come fanno i giovani anche solo a pensare di crearsi una famiglia? Di cosa vivrebbero? Di cosa sfamerebbero i loro figli? E come fanno tutti quegli studenti laureati a trovare un lavoro? E le famiglie? Ne vogliamo parlare? Con 1000/1500 euro al mese, se si pensa a tutte le spese fisse ed obbligate, non ci se la può fare. Ma i lavoratori ancora sono fortunati… E i pensionati con 600 euro di pensione? Stanno annientando tutti i nostri diritti, e NON privilegi, attenzione!
Non è questione nè di destra nè di sinistra: per noi non fa differenza, tanto lo prendiamo in quel posto a 360 gradi. Per loro, invece, conta solo che stiano al potere e possano accampare privilegi per sé e per i propri amici e discendenti.
Se vogliamo darci una speranza, dobbiamo capire, accettare e metabolizzare il concetto che le cose non cambiano, solo le persone lo fanno; noi dobbiamo diventare il cambiamento che vogliamo vedere negli altri e nel resto del mondo, attraverso un mutamento del nostro stato di consapevolezza poiché di solito gli uomini quando sono tristi non fanno niente o si limitano a piangere sulla propria situazione. Ma quando si arrabbiano, allora si danno da fare per cambiare le cose. Lo sappiamo, le cose che vanno cambiate sono tante e rappresentano dei cancri profondamente radicati nel corpo dell’Umanità; dagli armamenti alla devastazione ambientale, dalla sovrappopolazione alla fame che riguarda ancora troppe persone, dalla forsennata ed insensata corsa agli armamenti all’imperante dilagare del business della farmaceutica, che non solo non tiene in nessun conto la salute delle persone, ma che opera solo e sempre in nome del profitto, dato evidentemente dal mantenimento di un costante livello di carenza di salute.
Esistono i

responsabili della morte di centinaia di milioni di persone che continuano a morire di cardiopatie, cancro e altre malattie che avrebbero potuto essere prevenute e in gran parte eliminate molto tempo fa.

La morte prematura di costoro non è dovuta né ad una coincidenza né a negligenza. È stata volontariamente e sistematicamente organizzata da parte dell'industria farmaceutica e dei suoi investitori con il solo obiettivo di espandere un mercato globale dei farmaci del valore di miliardi di dollari.

Il mercato dell'industria farmaceutica rappresenta il corpo umano e il ritorno che si ha dagli investimenti dipende dal perdurare e dall'espandersi delle malattie. I suoi profitti rendono quest'industria la più redditizia sul pianeta.

Al contrario, la prevenzione e l'eradicazione di ogni malattia riducono sensibilmente o eliminano del tutto il mercato dei farmaci. Pertanto, le multinazionali farmaceutiche hanno sistematicamente impedito la prevenzione delle patologie, anche attraverso

l'eliminazione della concorrenza da parte di terapie sicure e naturali, in quanto non brevettabili e con margini di profitto molto ristretti. Inoltre, queste terapie naturali possono efficacemente aiutare a prevenire ed eliminare le malattie per il loro ruolo essenziale nel metabolismo cellulare.

L'industria farmaceutica offre la "salute" a milioni di pazienti, ma non mantiene i propri impegni. Al contrario, distribuisce prodotti che alleviano soltanto i sintomi, favorendo la malattia che li causa per poter garantire gli affari futuri. Al fine di dissimulare questa truffa, l'industria spende per la copertura il doppio di quanto spenda per la ricerca su future terapie.

In questo ambito, francamente già seriamente compromesso, le persone dovrebbero iniziare a pensare "al contrario", ovvero che la malattia è l'attività della vita che riporta equilibrio in una situazione compromessa; essa non e’ da distruggere o combattere, ma un programma

biologico e sensato della natura e noi dobbiamo solo gestirla e modularla.

La conoscenza di questa fondamentale ed autonoma intelligenza della Natura ci permette di non sentirci piu’ terrorizzati, in preda al panico e impotenti di fronte anche ad una diagnosi definita infausta.

Ma non basta; per avere e mantenere salute necessita soprattutto un impegno personale verso la ricerca della corretta informazione, il che sta a significare anche l'astensione dagli inutili nonchè dannosi esami diagnostici preventivi, il corretto utilizzo di integratori, sperando che nel frattempo non ne limitino drasticamente l'utilizzo, e soprattutto l'adozione di un corretto stile di vita che è alla base di ogni più saggia ed efficace prevenzione.


DICE IL SAGGIO: Consapevolezza e salute sono i primi doveri della vita.

INFORMAZIONE DI MASSA

I mezzi di comunicazione di massa ci bombardano costantemente con una quantità enorme di informazioni inerenti catastrofi, disastri naturali, guerre e tragedie familiari e sociali. Queste informazioni penetrano “silenziose” nella nostra mente inconscia e sono come un seme piantato nella terra che cresce giorno dopo giorno ma tu non sai che questo seme è stato piantato, non sai che pianta ne verrà fuori, fino a che non te la troverai davanti! I media tengono occupata la nostra mente e la nostra stessa vita con i pensieri negativi e noi irradiamo il mondo che ci circonda con ciò che sentiamo, percepiamo ogni qualvolta assistiamo a quei deprimenti notiziari su “ciò che accade nel mondo”.

La TV è il canale principale, nessun canale si presta meglio per manipolare le grandi masse come quello televisivo, specialmente per periodi di tempo prolungati. Radio, giornali o la rete, sono di impatto secondario sulla psiche delle masse e sulla formazione di mode, culture, opinioni e consensi.

La TV circoscrive le scelte, ci limita. Il cervello umano è in grado di scegliere solo fra ciò che conosce, quindi il controllo su larga scala all’accesso delle informazioni critiche di cui si ha bisogno per valutare una situazione significa il controllo dei processi mentali stessi. L’immenso potere della televisione, alla lunga, è quello di determinare dei “modi di pensare” di base. Chi ha il potere su questo mezzo sceglie quali informazioni non presentare. Questo determina in sostanza che ciò che la massa conosce viene circoscritto. Ed i contenuti vengono associati ad immagini attraenti, piacevoli, desiderabili, elencandone minuziosamente tutti i lati positivi. Il pensiero della massa si sviluppa autonomamente solo fra ciò che gli viene presentato, mentre una parte consistente della realtà viene omessa dalla coscienza collettiva. I sogni, le aspettative, i desideri, i modelli da imitare e in cui identificarsi, per cui vivere e soffrire, vengono scelti fra ciò senza sforzi. Inoltre, si stimolano invidie e sensazioni di inadeguatezza verso chi non si conforma al modello che tutti devono conoscere sia esso estetico, politico, stile di vita, economico.

La massa è primitiva per definizione. Il suo comportamento è guidato dall'istinto e dall'emotività piuttosto che dalla logica e dalla ragione. La folla agisce sulla base dei sentimenti più primordiali, quelli che dal punto di vista dell'evoluzione costituiscono le prime tappe dello sviluppo dell'umanità, come la paura, la rabbia, l’esaltazione e l’appartenenza ad un gruppo. Istinti molto semplici da controllare e manipolare, mentre in questi raggruppamenti ciò che va smarrita è la più grande conquista degli uomini moderni, ovvero la razionalità e l'uso delle capacità intellettive superiori.

Per favorire quindi le dinamiche primitive delle masse e poterle controllare, è indispensabile proporre e stimolare il più possibile modelli di pensiero, che attecchiscano con facilità e naturalezza, elementari ed impulsivi, come quelli che riscontriamo nelle grida in TV. Crisi isteriche e pianti, ad esempio; una vetrina dove tutti sono contro tutti nell’esprimere la parte più infima dell’emotività umana, come la rabbia, l’aggressività e l’invidia, con i metodi tipici del branco, dell’arena o del linciaggio in diretta. Del tutto personalmente, ritengo che il format del reality, che sta dilagando inarrestabilmente e vergognosamente, sia la peggior spazzatura che, dal punto di vista dell’”informazione”, poteva capitarci. Purtroppo, esso è anche altamente redditizio e apportatore dei vantaggi di cui sopra…

Il tutto per riempire il cervello e ottenebrare le menti delle persone. Tra non molto i Mondiali di calcio terranno milioni di persone con il fiato sospeso e questa occupazione andrà avanti fino ai primi di luglio, poi naturalmente subentreranno le ferie e ci ritroveremo a settembre, magari con la Nazionale di calcio con una coppa del mondo in più (che servirà a far dmenticare lo scandalo vergognoso delle truffe, del doping, delle scommesse, delle droghe, della prostituzione e di un sistema di metastasi che non riguarda certamente solo i capri espiatori che ben si conoscono). Anche perché - diciamocelo onestamente - se la gente perdesse la fede nel dio-pallone e non andasse più in chiesa (stadio) o non ascoltasse più il tele-evangelista (cronache sportive) e non si distraesse dai problemi veri in alcun modo, chi accetterebbe più un sistema come questo? Il calcio è indubbiamente un collante sociale potentissimo che NON può mancare al Sistema. Ecco perché tutto rientrerà, ad ogni costo e con ogni mezzo…

Detto questo, una persona “comune”, che riceve le notizie esclusivamente dal tubo catodico, come fa a sapere quello che la “scatola infernale” NON dice? Esistono certamente canali alternativi, ma questi implicano una ben precisa presa di coscienza e soprattutto voglia di conoscenza, di non accettare passivamente quello che ci viene servito nel piatto, ma di trasformare questa passività in azione per meglio comprendere cosa accade tutto intorno a noi.

Se «le religioni sono l’oppio dei popoli», «la televisione e i media in generale sono l’oppio dei poveri».
Ovviamente mi riferisco ai poveri di Spirito, ai poveri dentro, nell’animo, che si accontentano, proprio per questa carenza interiore, per questo vuoto, di quello che il tubo catodico e gli altri canali d'informazione, ”regalano” loro giorno dopo giorno, senza preoccuparsi se i messaggi gentilmente offerti dal
Sistema sono veri oppure no, e soprattutto se ci sono altre notizie che non vengono dette o che vengono oscurate.


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